09/10/12

Cose che succedono in una settimana

- "Metto le scarpe e arrivo" è un frase cult che va bene in ogni occasione, anche quando ad aspettarti c'è il suocero che, causa gap generazionale, non sa che si tratta di una frase in codice che significa "scelgo cosa indossare, mi lavo, mi vesto, mi pettino, mi trucco e poi metto le scarpe e arrivo". 

- La suocera che domanda "Ma te ti fermi alle gioiellerie?" e, alla risposta balbettata sottovoce che evita palesemente una qualsivoglia presa di posizione sui brillocchi e sulla reticenza del figlio, scapea e aggiunge: "Immagino che siano visite sterili. Io il brillocco me lo regalo da sola per il compleanno. E non aggiungo altro". Nemmeno io.

- La cognata che tace e non favella. Il prossimo passo sarà pestarle un piede per vedere se se ne accorge. Capire il perchè del suo silenzio va al di là delle umane possibilità di analisi comportamentale.

- Finire tre-coppie-tre di pile della macchina fotografica causa modalità giapponese sempre attiva. Il seguito è: arrivare a casa e non trovare cinque minuti di tempo per scaricare le foto, così che potrebbero essere venute tutte orridissime.

- Andare all'Ikea promettendo e ripromettendosi solennemente di non pensare al futuro, di non spulciare le cucine, di non aprire gli armadi, di non scegliere la scrivania e di non fargli provare il divano Ektorp. Va da sè che le cucine sono state spulciate, gli armadi sono stati aperti, la scrivania è stata scelta e il divano Ektorp è stato provato.

- Fare una passeggiata romantica in riva al lago, dimenticarsi che è una passeggiata romantica e mettersi a disquisire sulla pessima manutenzione del manto stradale.

- Impiegare un'ora a prepararsi per uscire a cena, indossare un paio di tacchi vertiginosi e pure un po' porno - il che non guasta mai -, resistere giusto il tempo della cena e poi sostituirli con un paio di ballerine confettose fucsia, che più rasoterra di così non si può.

- Nel corso della medesima cena, rischiare la sbornia dopo un-sorso-uno di prosecco e due-sorsi-due di ratafia.

- Darsi allo shopping pazzo. Nel reparto cancelleria di un negozio di cinesi. 

- Rendersi conto che una settimana passa troppo, troppo, troppo in fretta.

- Incappare nello sciopero nazionale dei trasporti che ha pressochè paralizzato le metropoli italiane, godere al pensiero di stare un giorno in più insieme, tranne poi rendersi conto che essendo uno sciopero del trasporto locale, quello interregionale non ne era minimamente coinvolto. Voglio dire, se proprio dovete scioperare almeno fatelo bene, perdindirindina.

- Stupirsi del fatto che ritrovarsi vien così naturale. Come se fosse la normalità. E' separarsi che crea problemi.

- Scovare un Museo altomedievale e bizantino sconosciuto ai più in un paesino altrettanto sconosciuto, e rischiare l'invalidamento della laurea per non sapere che gli Etruschi sono arrivati pure sull'Adriatico.  

- Dormire in un nodo. In un letto singolo. E ritrovarsi a metà nottata aggrappata al materasso con le unghie.

- Girare in macchina senza una meta.

- Arrabbiarsi, litigare, fare pace.

- Rendersi conto di volersi bene.

- Mangiare un bocconotto. Volerne un altro ma contenersi. Conservarne uno, a casa, per i momenti di nostalgia profonda.

 

5 commenti:

  1. dalle mie parti dire "bocconotto" vuol dire dire una cosa un po' porno, anzi popporno.

    lafrangia

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  2. Anche qua, infatti finchè non ho capito che parlava di un dolce sono venute fuori scene che si possono facilmente immaginare... =)

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  3. Uhhh beh. In quella del tacco mi ci riconosco. Sabato scorso penso «dai pover'uomo, che ti vede solo in pigiama e palandrana, mettiti 'sti benedetti tronchetti tacco 10, son quasi comodi, che li hai comprati a fare». Uomo gioioso e soddisfatto, tutto orgoglioso che mi sono fatta bella per lui. Scendiamo, tragitto casa-auto (100 metri?), arriviamo in città: «Sì beh ascolta, ora però dobbiamo camminare, mi serve lo stivaletto rasoterra, i tacchi li rimetto poi». Giro, torniamo alla macchina, ristorante, lui mi guarda e io: «Sì dai ma andiamo al cinese, cosa mi metto i tacchi a fare». Eh sì.

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  4. In fondo, lo sforzo di mettere i tacchi l'abbiamo fatto, no? E' il pensiero che conta, lo sanno tutti!

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  5. E comunque l'ho rifatto. Sabato mattina. Però almeno fin dentro in pasticceria e al Naturasì (eh) col tacco ci sono andata. Andiamo pure per gradi. Si può dire mizzega chemmale, comunque? Ecco.

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