09/11/12

...e forse c'ha ragione

Io sono stata tra quelli, giustamente infuriati, che avrebbero preso l'ormai famigerato choosy del ministro Fornero e gli avrebbero fatto fare una brutta fine. Al choosy eh, ci mancherebbe.
Perchè passo le giornate a inviare CV in risposta ad annunci farlocchi.
Perchè mi è successo di rispondere tre volte nel giro di sei mesi allo stesso annuncio, e poi chiamare per sentirmi dire: "No, ma noi mica assumiamo nessuno".
Perchè sono consapevole di dover relegare la mia laurea in fondo al cassetto, con buona pace della passione, del tempo, dei soldi, dell'impegno, del mazzo tanto che mi sono fatta.
Perchè ho un curriculum accademico che mi ha fruttato due offerte all'estero, e che in Italia vale meno di zero.
Perchè la collaborazione occasionale che alla fine ho ottenuto riguarda un campo di cui non mi occupo e di cui non mi sono mai occupata, ma che mi sono guadagnata (ed usare 'sto verbo pensando a quando prendo è un ossimoro, ma vabbè) perchè me la cavo con i congiuntivi e riesco a mettere insieme frasi più complesse di soggetto + verbo + complemento. Se poi dicessi che quello che ha fatto pendere l'ago della bilancia verso di me sono i due laboratori teatrali che ho seguito quando fui adolescente non ci credereste, quindi non lo dirò.
Perchè ho fatto un colloquio per fare la cameriera, e alla fine mi hanno detto che avrei dovuto farla in topless.
Perchè se vuoi fare il piatto da sushi o l'intrattenitrice ai tavoli non c'è crisi che tenga, le offerte di lavoro fioccano.
Perchè ti senti offrire cifre irrisorie per contratti da una settimana, da un mese, senza altre possibilità. Come se non ci fosse domani, come se non ci fosse una famiglia da formare, una casa da comprare, una vecchiaia da vivere serenamente.
Perchè sono stanca, stanca, stanca, di mettere quotidianamente in dubbio me stessa, la mia vita, le mie scelte, il mio futuro, le mie capacità, le mie possibilità, in un mondo che a malapena sa che esisto, che non ha bisogno di me, e in cui non c'è spazio.
E come me migliaia di altre persone, conoscenti, amici, sconosciuti.
Ma c'è un ma.
Perchè uno si può infuriare quanto vuole, ma il "ma" c'è, ed è inutile negarlo.
Il "ma" è spuntato stamani, per caso, in una discussione, e si è ingigantito. Si è fatto presente e pressante, e per quanto io non apprezzi il choosy e chi l'ha detto, non lo posso ignorare.
Perchè c'è anche chi finge di cercare lavoro.
Quelli che il lavoro a tempo indeterminato lo gradirebbero a sette passi da casa e a quattro dal bar per fare colazione a metà mattina.
Quelli che lo stipendio deve essere faraonico e possibilmente comprensivo di macchina aziendale, buoni pasto, tredicesima, quattordicesima, ferie pagate, giorni di permesso come se piovesse, premio produzione e benefit vari.
Quelli che hanno amici che trovano un lavoro dietro l'altro e soprattutto uno meglio dell'altro, e solo loro poverini restano con un pugno di mosche.
Quelli che guai ad allontanarsi da mammà e papà, che la loro presenza per l'equilibrio familiare è indispensabile.
Quelli che millantano di accettare qualsiasi offerta, basta che sia dove dicono loro, come dicono loro, quando dicono loro.
Quelli che se hanno studiato in un ambito, non prendono in considerazione nient'altro.
Quelli che ti fanno pat pat sulla spalla, perchè ti capiscono e sono nella tua stessa situazione, ma loro a quell'annuncio non avrebbero mai risposto perchè dovrebbero stare troppo in macchina.
Quelli che aspettano che la possibilità gli vada a bussare alla porta.
Quelli che credono che la crisi investa solo loro, segnati poverini da chissà quale desiderio di vendetta divino, e che si aspettano che le aziende assumano felici e contente, dato che la crisi non le investe.
Quelli che se il lavoro non glielo trova qualche familiare, col fischio che sprecano energie nel mandare una mail con allegato il CV. 
Quelli che poi il lavoro arriverà, all'inizio del 2013, alla fine del 2013, nel 2014 o magari nel 2020, come se la vita aspettasse, come se il responsabile delle risorse umane di qualche multinazionale gli andasse a suonare il campanello di casa.

Io non mi riconosco in loro, e loro forse non si riconoscono in me, o forse sì perchè non si comportano in questo modo consapevolmente. Non lo so, e mi importa relativamente poco.

Non amo le generalizzazioni.
Ritengo che chi lavora nel pubblico e per il pubblico abbia l'obbligo costante di stare attento a ciò che dice, magari sfruttando il proprio addetto stampa che non sta lì per pettinare le bambole, o magari usando il cervello che ci è stato dato in dotazione.
Mi fanno ridere, nel senso più sarcastico del termine, quelli che parlano senza cognizione di causa, sulla base dei dati Istat o per sentito dire che sia.
Mi offende, profondamente, che nel mio Paese, quello in cui sono nata per caso e in cui ho scelto di vivere con consapevolezza, non ci sia posto per me, e che la mia generazione sia bistrattata da tutti, che sia mammona, choosy, pantofolaia, a seconda dei casi, una generazione che sembra nata e cresciuta da sola, senza influenze esterne, senza regole, senza genitori, senza Stato. Senza quel contesto generale che ti porta ad essere quello che sei, volontariamente o meno.
Mi sono stancata di sentir parlare persone secondo cui io cerco il posto fisso per pigrizia, e non per avere la possibilità di comprare una casa e fare un figlio. Come se "fisso", poi, non significasse "continuativo", ma solo "fermo nello stesso luogo".

E nonostante tutto questo, e nonostante la profonda vergogna che provo dicendolo, io alla Fornero tutti i torti non li posso dare.

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