21/02/14

Il gioco dei regni

Mi sono avvicinata alla lettura grazie al mio nonno.
Lui mi leggeva l'Odissea quando le altre bambine sognavano di essere Cenerentola. Lui mi ha insegnato la Divina Commedia lo stesso anno in cui ho letto Pinocchio. Lui mi ha prestato I Miserabili, e sempre grazie a lui a otto anni ho fatto una scorpacciata di western a causa dei quali ho sviluppato un'insopprimibile odio per il genere. Questo tanto per dire che in casa mia non c'è mai stata nessuna "censura" sui libri, ma è sempre stato valido il diktat: "se lo leggi tutto vuol dire che hai l'età giusta per farlo, altrimenti lo lasceresti a metà". Che può avere i suoi pro e i suoi contro, come tutto del resto.
Comunque. Dicevo. Un effetto collaterale - nel senso proprio di "che sta a fianco di" - di questa mia estrema libertà di lettura è stato che ho letto (troppo) presto libri che non potevo comprendere appieno, o che ho letto tardi libri considerati "infantili": ricordo perfettamente le risatine delle compagne di classe al liceo quando mi sono presentata con La guerra dei bottoni di L. Pergaud, forse più adatto (?) a una dodicenne che a una quindicenne. Ma ricordo altrettanto bene il senso di insopprimibile libertà e il godimento totale di leggere Il libro della giungla di R. Kipling comodamente spalmata su una sdraio, consapevole che fosse un libro per ragazzi e felice di riuscire a godermelo come se avessi la metà dei miei anni.

Ora, ho letto per la prima volta Il gioco dei regni di C. Sereni a dodici anni. Troppo presto solo perchè mi mancavano i mezzi per contestualizzarlo esattamente. L'ho letto come se fosse un diario un po' immaginario, la storia romanzata di chissà chi. Non immaginavo, e nemmeno mi ero posta il problema, che i protagonisti fossero vissuti realmente, che la storia fosse totalmente e assolutamente autobiografica. Una storia che, non so bene come, mi è entrata sotto la pelle, e che mi porto dietro inconsapevolmente. Da quella prima lettura un po' superficiale, l'ho letto innumerevoli altre volte. E' un libro all'apparenza leggero come le pagine su cui è stampato. Ma solo all'apparenza. Perchè in realtà è denso delle vite dei suoi protagonisti, alcuni noti e altri più silenti, ma non per questo meno importanti.
Non c'è bisogno che sia io a ricordare la vita e l'apporto alla storia, italiana e non solo, di Emilio Sereni, della moglie Xenia Silberberg, o del fratello Enzo
Clara Sereni inizia parlando dei nonni. Xenia e Lev, Samuele e Alfonsa. Due storie molto diverse, rivoluzionari russi i primi, benestanti romani i secondi; due vite diverse, inizialmente, quelle di Xenia ed Emilio. Impegnata nel rapporto difficile con la madre e nell'essere normale, uguale agli altri, borghese il più possibile, lei. In qualche modo speciale, seguito nella crescita (la "palestra" in casa perchè si cresca una mens sana in corpore sano), nell'istruzione e in qualche modo anche nei giochi (il gioco dei regni, appunto, da cui il titolo del libro), lui. All'inizio nemmeno si piacciono. Xenia vede i pantaloni con la riga stropicciata, lo reputa un ragazzucolo spiantato come tanti altri, e rimane sorpresa scoprendo, complice un temporale improvviso, che non è così. Ma poi l'amore nasce, ed è un amore incredibilmente forte, che sopravvive a tante difficoltà. Non certo difficoltà paragonabili a quelle di Aurora e Filippo. Sono le difficoltà di una vita vissuta secondo i propri ideali, in un periodo storico di cui questi ideali sono la nemesi. La galera, la fuga. E Xenia si scopre come sua madre, come non avrebbe mai voluto essere. La storia che si ripete, anche nel rapporto con la figlia Clara.
Il gioco dei regni è un libro costruito su più livelli. E' un libro che narra la vicenda di una famiglia nella sua quotidianità. E' un libro storico. Ma è un libro in qualche modo introspettivo, quasi catartico. E matriarcale. Sì, non c'è bisogno di ricordare l'importanza dei fratelli Sereni. Ma sono le donne che portano avanti la storia. 
E una più delle altre.
Alfonsa è la madre di Emilio. E' una donna silenziosa, che alla nascita del primo figlio pensa che "adesso c'è qualcuno che può parlare per lei". L'ansia per la prima cena importante con i suoceri ospiti, la differenza con la sorella Ermelinda. E poi quella maledizione lanciata da una vecchia in un vicolo: "che i tuoi figli crescano come grano al sole". Una frase persa in una pagina, ma che sottilmente ritorna durante tutta la narrazione. Proprio come Alfonsa. Sempre più silenziosa, ma sempre presente. Una donna tesa a permettere ai figli di essere chi vogliono e chi possono, nonostante le difficoltà di cui è ben consapevole, che accoglie le nuore alla morte di Enrico e all'incarcerazione di Emilio. Che si trasferisce in Palestina per vivere vicino a Enzo. E che qui perde il marito, quel Samuele a cui si è sempre appoggiata ma che ha sempre avuto bisogno di lei e della sua concretezza. 
E' Alfonsa, per me, la vera protagonista de Il gioco dei regni.



6 commenti:

  1. Benvenutra tra noi!
    Splendida la tua recensione. Grazie!
    Anche a casa mia (da piccola) valeva il tuo stesso diktat con tutti i pro e i contro che hai citato: é per questo che non sopporto il genere fantasy (ne avevo la casa piena, causa fratello maggiore) e ho amato i Miserabili già in tenera età saltando a pié pari libri per bambini che poi ho riscoperto troppo tardi...
    Con il mio bimbo ho deciso per un approccio piu' soft e ora sono curiosa di sapere come si evolverà la cosa.
    Salutoni e buon fine settimana

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    1. Il mio nipotino è ancora piccolo per porsi il problema dell'approccio alla lettura (ha 15 mesi), per adesso tira giù tutti i libri che gli capitano a tiro e poi si siede col libro sulle gambe e segue le righe con il dito... è troppo buffo!! Ha una spiccata preferenza per i tomi pesanti e scritti fitti fitti, spero però che cambi idea perchè ho visto un sacco di libri pop-up che devo, cioè deve, assolutamente avere!!

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  2. Ciao. Benvenuta e grazie del bel contributo.

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  3. bene, potrei cominciare a regalarlo a mia madre che adora i romanzi storici e poi potrei leggerlo io... mi incusiosisce, ma soprattutto mi piacciono i libri che raccontano di generazioni di donne legate tra di loro da legami famigliari per vedere l'evoluzione, forse perché io mi trovo nell'età di mezzo?!?!? Grazie bella recensione

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    1. Anche a me piacciono molto i libri che portano alla luce i legami tra le generazioni, ma devo ammettere che questo punto di vista l'ho scoperto, ne "Il gioco dei regni" solo dopo un paio di volte che lo leggevo... non so se per mancanza di attenzione mia, o se perchè è effettivamente un po' nascosto rispetto al resto della trama!!

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