Dovendo rivestire il mio CV di un'allure più letteraria e meno archeologica militante, mi sono iscritta (intanto) all'esame di Letteratura italiana contemporanea.
Ho mandato una mail al professore per avere il programma da non frequentante.
Mi ha risposto a stretto giro di posta elettronica.
M. Houellebecq, Le particelle elementari, Bompiani. Michel Djerzinski e Bruno Clément sono fratellastri e sembrano essere accomunati unicamente dall'abbandono della madre. Michel è uno scienziato dedito alla biologia molecolare e vicino al Nobel. Un uomo che ha dedicato la sua esistenza agli studi scientifici che lo hanno portato all'isolamento e all'impermeabilità a qualunque emozione. Il suo sogno è riuscire a clonare gli esseri umani così da poter garantire a essi una vita perfetta. Bruno è un uomo di lettere, fa l'insegnante, è attirato dal sesso in modo morboso, ed è costretto dalla malattia a entrare e uscire dalle cliniche psichiatriche. Sia la morbosità patologica di Bruno sia l'asettica razionalità di Michel sono il risultato dell'ambiente che li circonda: un mondo fatto di solitudini e dominato dal caso in cui i desideri sembrano scaturire dagli spot pubblicitari. Nella descrizione di questo quadro apocalittico, nell'aridità di questa umanità scarnificata si intravedono scenari futuri dai risvolti inquietanti. Uno sguardo disincantato sul corpo agonizzante della civiltà occidentale che ricorda scrittori l'oltreoceano come DeLillo, Carver, D.F. Wallace e T.C. Boyle. Un libro spietato, intenso, bello ed estremo. (dalla quarta di copertina)
C. Lasch, L'io minimo. La mentalità della sopravvivenza in un'epoca di turbamenti, Feltrinelli. In un'epoca di turbamenti come la nostra, in cui la vita quotidiana diventa un esercizio di sopravvivenza, l'identità - che implica una storia personale, amici, una famiglia, il senso di appartenenza a un luogo - diventa un lusso. Per l'individuo in stato di assedio, la difesa dell'equilibrio psichico impone la contrazione di un io minimo che, per fronteggiare le imprevedibili avversità, si nutre di ciò che trova nella cultura emergente: l'ironia protettiva e il disimpegno emotivo, la riluttanza a stringere legami affettivi a lungo termine e il vittimismo, il fascino delle situazioni estreme e il malsano desiderio di applicarne la lezione alla vita di ogni giorno. Attraverso un'indagine che tiene conto degli ambiti più diversi (l'arte e la filosofia, il costume e la psicanalisi), Christopher Lasch propone una chiave di lettura del mutamento culturale in corso offrendo un lucido e misurato contributo all'intelligenza del presente. (dalla quarta di copertina)
P.P. Pasolini, Lettere luterane, Garzanti. La "mutazione antropologica", il grande tema delle Lettere luterane, ci appare oggi un nodo su cui è obbligatorio riflettere: trentacinque anni fa era il rovello di un intellettuale lucidissimo e isolato [...]. Ci appare oggi evidente anche un perno centrale del ragionamento di Pasolini: l'impossibilità di "separare i fenomeni". L'impossibilità cioè di analizzare il Palazzo senza tener conto che "un Paese di cinquanta milioni di abitanti sta subendo la più profonda mutazione culturale della sua storia". Da questo rischio Pasolini metteva in guardia con forza, eppure la sua metafora fu assunta allora - e diventò linguaggio comune - proprio prescindendo da quella decisiva consapevolezza. Così avvenne anche più tardi, nella profondissima crisi dei primi anni Novanta. Si diffuse allora l'illusione che bastasse demolire il vecchio, davvero putrido Palazzo per liberare le energie di una virtuosa società civile: si basarono su questo molte euforiche attese di una salvifica Seconda Repubblica. E molti disastri. (dalla terza di copertina)
P.P. Pasolini, Scritti corsari, Garzanti. L'invisibile rivoluzione conformistica di cui Pasolini parlava con tanto accanimento e sofferenza dal 1973 al 1975 non era affatto un fenomeno invisibile. Chi ricorda anche vagamente le polemiche giornalistiche di allora, a rileggere questi Scritti corsari può restare sbalordito. Il fatto è che per Pasolini i concetti sociologici e politici diventavano evidenze fisiche, miti e storie della fine del mondo. Finalmente, così, Pasolini trovava il modo di esprimere, di rappresentare e drammatizzare teoricamente e politicamente le sue angosce [...] di parlare in pubblico del destino presente e futuro della società italiana, della sua classe dirigente, della fine irreversibile e violenta di una storia secolare. (dalla terza di copertina)
K. Yasunari, Walter Siti, Troppi paradisi, Einaudi. Si chiama "Walter Siti, come tutti", il protagonista di questo romanzo. Se da giovane era convinto di essere anomalo, adesso, giunto a sessant'anni, ha scoperto di essere tipico. "La mia prima mediocrità - dice di sé - è caratteriale, ed epica, volevo dire etica". Per lui è arrivato il momento di acquietarsi, di trovarsi una nicchia e un equilibrio: il lavoro universitario, ormai una sinecura; il rapporto con Sergio, quasi un matrimonio. Così, tra un compromesso e l'altro, la vita potrebbe scorrere tranquilla, placida, completa. Ma Walter è ossessionato dal paradiso: dal paradiso personale, che gli manca, e dai troppi paradisi collettivi con cui l'Occidente ha abbagliato sé stesso. Per sua fortuna, o per sua disgrazia, il paradiso arriva con Marcello, angelico culturista di borgata bellissimo e ambiguo, che sembra incarnare come nessun altro lo spirito dei tempi. E cosa importa se per averlo Walter dovrà pagare un prezzo troppo alto? Ogni cosa si compra, ma alle volte le rese dei conti hanno il sapore di una vittoria. (dalla quarta di copertina)
Ho iniziato a leggere il primo, e già mi si sono rizzati tutti i capelli. Quando arriverò all'"angelico culturista di borgata che sembra incarnare lo spirito dei tempi" sarò diventata calva.
Lo so.
14/10/13
02/10/13
Genetliaco
Nel caos primordiale di questa seconda metà di settembre mi sono persa per strada il mio compleanno. E alla fine mica è stata 'na tragedia. Ne ho vari alle spalle e parecchi davanti, e non festeggiarne uno - come del resto non ne ho festeggiati altri - non è poi la fine del mondo. Il compleanno, come quasi tutto il resto nella vita - o, nei momenti di maggior cinismo, come proprio tutto il resto della vita -, ha il significato che gli si dà, niente di più e niente di meno. Quando poi, come nel mio caso, il compleanno coincide con l'anniversario di qualcosa che vorresti dimenticare, di qualcosa che ti ha cambiata e ha cambiato tanto altro, beh, sottovalutarlo e lasciarlo andare un po' così, sottotono-sottosilenzio-sottoconsiderazione, viene parecchio spontaneo. Aggiungiamoci poi che gli anni passano, le decine si aggiungono alle unità e viceversa, inizia la fase della fine dei giochi o finisce quella del loro inizio. Insomma, io non sono una fanatica del mio compleanno.
Capitano poi quei momenti di intensa pace interiore durante la quale, per non so quale perfidissima legge fisica/chimica/masochista, il neurone, per non perdere la sua motilità di base, si mette a cogitare cose profondissime. Che poi io sono strana, parecchio strana, e 'sti momenti di intensa pace interiore ergo profonda riflessione mi capitano sempre quando rifaccio il letto o pulisco il bagno. Me ne esco fuori con perle di saggezza che farebbero invidia a qualsiasi stilita di professione.
Comunque.
Stasera mi rifacevo il letto in preda alla necessità di pace interiore. Tanta pace interiore. Almeno quella, dopo il caos primordiale. Mica ci pensavo che poi mi sarei messa a cogitare. Il cogito mi impedisce la pace interiore, ma del resto non c'è pace interiore senza cogito. L'ho detto che sono strana.
Ari-comunque.
Mi sono messa a pensare a quello che vorrei. Ma non quello che vorrei nel senso delle scarpe Louboutin del post precedente. Quello che vorrei in un senso un po' diverso. Più profondo, forse. Più inconscio. Più incisivo. Più, insomma.
Vorrei una routine. Vorrei una pausa - merenda che coincide con i cartoni di Bim Bum Bam, immancabilmente alle 16:30, cascasse il mondo o si scatenasse il caos primordiale. Vorrei andare a letto sapendo cosa mi aspetta il giorno dopo. Vorrei una tabella da seguire, orari da rispettare e un episodio di Georgie da vedere per ricordarmi che innamorarsi di tre ragazzi, due dei quali sono tuoi fratelli, è peggio di qualsiasi caos primordiale.
Vorrei dormire tranquilla, addormentarmi senza avvoltoi e svegliarmi senza patemi. Vorrei sognare qualcosa di realizzabile. Vorrei non dover aspettare ore passate a fissare il soffitto prima di addormentarmi. Vorrei avere abbastanza forza o abbastanza debolezza per parlare di quello che mi tiene sveglia, allontanare il ghiaccio, scagliare la pietra e poi sarà quel che sarà.
Vorrei liberarmi da quelle occhiate che giudicano, dai silenzi che giudicano più delle occhiate, dalle parole sussurrate e da quelle urlate. Vorrei liberarmi dalla bambina che sente di dover rinunciare, dall'adolescente che sa cosa ci si aspetta da lei, dall'adulta dipendente da ciò che alcuni pensano di lei. Vorrei eliminare la necessità di giustificarmi costantemente, il bisogno di chiedere scusa per qualcosa che non ho commesso, il continuo ricordarsi e addossarsi doveri che non mi spettano.
Vorrei che scrivere avesse il potere catartico che aveva prima, quando mi bastava scarabocchiare due frasi per sentirmi più leggera. Ma soprattutto vorrei, fortissimamente vorrei, ricordarmi in ogni momento della giornata che sono io, dopo tutto, che sono fatta così, coi buchi neri e le quindici personalità, sempre in bilico tra non si sa nemmeno cosa, che c'è voluto tempo, e fatica, e vita, per diventarlo. E che mi piaccio così, anche quando sono in disaccordo con me stessa.
Capitano poi quei momenti di intensa pace interiore durante la quale, per non so quale perfidissima legge fisica/chimica/masochista, il neurone, per non perdere la sua motilità di base, si mette a cogitare cose profondissime. Che poi io sono strana, parecchio strana, e 'sti momenti di intensa pace interiore ergo profonda riflessione mi capitano sempre quando rifaccio il letto o pulisco il bagno. Me ne esco fuori con perle di saggezza che farebbero invidia a qualsiasi stilita di professione.
Comunque.
Stasera mi rifacevo il letto in preda alla necessità di pace interiore. Tanta pace interiore. Almeno quella, dopo il caos primordiale. Mica ci pensavo che poi mi sarei messa a cogitare. Il cogito mi impedisce la pace interiore, ma del resto non c'è pace interiore senza cogito. L'ho detto che sono strana.
Ari-comunque.
Mi sono messa a pensare a quello che vorrei. Ma non quello che vorrei nel senso delle scarpe Louboutin del post precedente. Quello che vorrei in un senso un po' diverso. Più profondo, forse. Più inconscio. Più incisivo. Più, insomma.
Vorrei una routine. Vorrei una pausa - merenda che coincide con i cartoni di Bim Bum Bam, immancabilmente alle 16:30, cascasse il mondo o si scatenasse il caos primordiale. Vorrei andare a letto sapendo cosa mi aspetta il giorno dopo. Vorrei una tabella da seguire, orari da rispettare e un episodio di Georgie da vedere per ricordarmi che innamorarsi di tre ragazzi, due dei quali sono tuoi fratelli, è peggio di qualsiasi caos primordiale.
Vorrei dormire tranquilla, addormentarmi senza avvoltoi e svegliarmi senza patemi. Vorrei sognare qualcosa di realizzabile. Vorrei non dover aspettare ore passate a fissare il soffitto prima di addormentarmi. Vorrei avere abbastanza forza o abbastanza debolezza per parlare di quello che mi tiene sveglia, allontanare il ghiaccio, scagliare la pietra e poi sarà quel che sarà.
Vorrei liberarmi da quelle occhiate che giudicano, dai silenzi che giudicano più delle occhiate, dalle parole sussurrate e da quelle urlate. Vorrei liberarmi dalla bambina che sente di dover rinunciare, dall'adolescente che sa cosa ci si aspetta da lei, dall'adulta dipendente da ciò che alcuni pensano di lei. Vorrei eliminare la necessità di giustificarmi costantemente, il bisogno di chiedere scusa per qualcosa che non ho commesso, il continuo ricordarsi e addossarsi doveri che non mi spettano.
Vorrei che scrivere avesse il potere catartico che aveva prima, quando mi bastava scarabocchiare due frasi per sentirmi più leggera. Ma soprattutto vorrei, fortissimamente vorrei, ricordarmi in ogni momento della giornata che sono io, dopo tutto, che sono fatta così, coi buchi neri e le quindici personalità, sempre in bilico tra non si sa nemmeno cosa, che c'è voluto tempo, e fatica, e vita, per diventarlo. E che mi piaccio così, anche quando sono in disaccordo con me stessa.
18/09/13
Quello che mi fa stare bene...
...non sono queste Caovilla, che renderebbero i miei piedocci ancora più tondi:
...né queste me-ra-vi-glio-se Louboutin, che comunque amo:
...e, incredibilmente, neanche le Manolo-sinonimo-di-Carrie:
Incredibilmente, insospettabilmente, improvvisamente, le scarpe che amo e che non toglierei mai, sono queste:
perchè sono comode, allegre e colorate, non m'ammazzano il piede né mi accorciano la gamba e, soprattutto, alla quasi vigilia del compleanno-che-segna-la-fine-dei-giochi, mi fanno sentire spensierata e dimolto gggiovane.
Come ho fatto a farne a meno finora? Come??
...né queste me-ra-vi-glio-se Louboutin, che comunque amo:
...e, incredibilmente, neanche le Manolo-sinonimo-di-Carrie:
Incredibilmente, insospettabilmente, improvvisamente, le scarpe che amo e che non toglierei mai, sono queste:
perchè sono comode, allegre e colorate, non m'ammazzano il piede né mi accorciano la gamba e, soprattutto, alla quasi vigilia del compleanno-che-segna-la-fine-dei-giochi, mi fanno sentire spensierata e dimolto gggiovane.
Come ho fatto a farne a meno finora? Come??
16/09/13
Gulp - yeah - coff
Sabato pomeriggio è apparso un cartello "Vendesi".
Sulla porta di casa del VicinoFigo.
Ed è stato subito panico.
La ricerca di maggiori informazioni è stata immediata e forsennata.
Gli scenari più terribili sono parsi immediatamente i favoriti.
Il trauma era lì, pronto a dispiegarsi in tutto il suo splendore.
Voglio dire, è più di un quarto di secolo che il VicinoFigo fa il VicinoFigo.
Non può esistere il PaeselloBucolico senza il VicinoFigo.
Imploderebbe.
Poi, dopo il tramonto, quando il buio aggiungeva del suo al panico incombente, la conferenza stampa. Benedette sempre siano le mamme pettegole.
Il VicinoFigo si trasferisce. Ha ottenuto il permesso edilizio di mettere a posto, allargare, rendere abitabile.
Cosa? L'ambaradan che sta davanti al mio cancello.
Dico davanti. Da-van-ti.
Non più leggermente di sguincio.
Davanti.
Porta - porta, finestra - finestra, giardino - giardino.
Davanti.
Ed è subito festa.
Finchè:
EvvaiCosì: "Eh, ora sì che sarebbe bello se te e il VicinoFigo... beh, hai capito cosa."
LaGiuditta: "Perchè ora sì e fino a ieri il tuo commento era 'aaaaargh'?"
EC: "Perchè adesso potrei passare a chiamarti la mattina bussandoti direttamente alla finestra di camera. In pigiama. Per passarti il caffè e berlo insieme."
LG: "..."
Aaaaargh.
Sulla porta di casa del VicinoFigo.
Ed è stato subito panico.
La ricerca di maggiori informazioni è stata immediata e forsennata.
Gli scenari più terribili sono parsi immediatamente i favoriti.
Il trauma era lì, pronto a dispiegarsi in tutto il suo splendore.
Voglio dire, è più di un quarto di secolo che il VicinoFigo fa il VicinoFigo.
Non può esistere il PaeselloBucolico senza il VicinoFigo.
Imploderebbe.
Poi, dopo il tramonto, quando il buio aggiungeva del suo al panico incombente, la conferenza stampa. Benedette sempre siano le mamme pettegole.
Il VicinoFigo si trasferisce. Ha ottenuto il permesso edilizio di mettere a posto, allargare, rendere abitabile.
Cosa? L'ambaradan che sta davanti al mio cancello.
Dico davanti. Da-van-ti.
Non più leggermente di sguincio.
Davanti.
Porta - porta, finestra - finestra, giardino - giardino.
Davanti.
Ed è subito festa.
Finchè:
EvvaiCosì: "Eh, ora sì che sarebbe bello se te e il VicinoFigo... beh, hai capito cosa."
LaGiuditta: "Perchè ora sì e fino a ieri il tuo commento era 'aaaaargh'?"
EC: "Perchè adesso potrei passare a chiamarti la mattina bussandoti direttamente alla finestra di camera. In pigiama. Per passarti il caffè e berlo insieme."
LG: "..."
Aaaaargh.
11/09/13
Aforismi
La caccia, il Gran Premio di Monza e il ramino sembrano tre cose che, tra loro, non c'incastrano 'na cippalippa.
Per le persone normali.
Peccato che da queste parti di persone normali ne transitino poche. Ma poche poche poche.
Tanti tanti tanti tanti anni fa, quando il mondo girava in senso antiorario, i genitori facevano i genitori, le figlie facevano le figlie e il padrino e la madrina facevano gli zii, la caccia, il Gran Premio di Monza e il ramino erano inestricabilmente legati.
SignorNo e lo zio si dedicavano alternativamente alla caccia (-"Avete preso qualcosa?" -"Macchè, tutte padelle!") e al Gran Premio di F1 (-"Ma come, è già finito?" -"Forse sarebbe sembrato più lungo, se non vi foste addormentati al terzo giro!"), EvvaiCosì e la zia ci davano sotto col ramino (-"Chiuso!" -"Hai un culo tale che ti servirebbero due sedie. Anzi, attenta che cadi!"), LaGiuditta, FS e SorellAmica si ricreavano nonostante la sturbante presenza di AbominUomo.
Poi le cose sono cambiate. Un po' anche in meglio, come dimostra la dipartita di AbominUomo in favore di TassioPissa.
L'unica cosa che non cambia mai è lo spaventoso, strepitoso, ammorbante e spropositato culo di EvvaiCosì. In senso metaforico, ovviamente.
E dopo un fine settimana dedicato a subire una batosta dopo l'altra, ci sono tre concetti che sento di dover tramandare al mondo:
1) Il culo è come la luna: prima o poi si eclissa [cit.]
2) Se è vero che "sfortunata al gioco, fortunata in amore", domani mi sposo col VicinoFigo che mi sollazzerà finchè morte non ci separi, e pure dopo [cit.]
3) mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai giocare a ramino con EvvaiCosì.
Per le persone normali.
Peccato che da queste parti di persone normali ne transitino poche. Ma poche poche poche.
Tanti tanti tanti tanti anni fa, quando il mondo girava in senso antiorario, i genitori facevano i genitori, le figlie facevano le figlie e il padrino e la madrina facevano gli zii, la caccia, il Gran Premio di Monza e il ramino erano inestricabilmente legati.
SignorNo e lo zio si dedicavano alternativamente alla caccia (-"Avete preso qualcosa?" -"Macchè, tutte padelle!") e al Gran Premio di F1 (-"Ma come, è già finito?" -"Forse sarebbe sembrato più lungo, se non vi foste addormentati al terzo giro!"), EvvaiCosì e la zia ci davano sotto col ramino (-"Chiuso!" -"Hai un culo tale che ti servirebbero due sedie. Anzi, attenta che cadi!"), LaGiuditta, FS e SorellAmica si ricreavano nonostante la sturbante presenza di AbominUomo.
Poi le cose sono cambiate. Un po' anche in meglio, come dimostra la dipartita di AbominUomo in favore di TassioPissa.
L'unica cosa che non cambia mai è lo spaventoso, strepitoso, ammorbante e spropositato culo di EvvaiCosì. In senso metaforico, ovviamente.
E dopo un fine settimana dedicato a subire una batosta dopo l'altra, ci sono tre concetti che sento di dover tramandare al mondo:
1) Il culo è come la luna: prima o poi si eclissa [cit.]
2) Se è vero che "sfortunata al gioco, fortunata in amore", domani mi sposo col VicinoFigo che mi sollazzerà finchè morte non ci separi, e pure dopo [cit.]
3) mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai giocare a ramino con EvvaiCosì.
09/09/13
Bloblies
Avevo un'insopprimibile voglia di brownies.
E quando LaVoglia chiama, LaGiuditta risponde.
Il mese scorso - lo sanno tutti che agosto è un ottimo mese per accendere il forno e strafogarsi di cioccolato e burro - ho provato a farli seguendo la ricetta di Joy of Baking. Sono venuti buonissimi e bellissimi. Non per merito mio, è che seguendo la videoricetta ho evitato momenti di panico e corbellerie varie.
A questo giro ho invece deciso di seguire la ricetta di Un'americana in cucina. Un blog che è un'ispirazione assoluta, io ve lo dico.
Di seguito vi riporto la ricetta, che ho seguito pedissequamente. In corsivo le mie impressioni praticamente minuto per minuto.
Qualche chiarimento:
a) tutto quello che succederà d'ora in poi è colpa mia, e solo colpa mia; la ricetta è praticamente perfetta e solo chi è impedito quanto me può avere dei dubbi;
b) sono impedita per cause esterne a me. Se faccio dei crostini, EvvaiCosì crea dei canapè caldi e freddi con decorazioni 3D; se faccio un pan di spagna, EvvaiCosì tira fuori una torta a tre piani con decorazioni in fondente e fiori in gum paste; se mi faccio un panino EvvaiCosì allestisce una parata di sandwiches degni dell'afternoon tea della regina d'Inghilterra. Capite bene che con questa concorrenza la voglia di spignattare m'è passata più o meno nel momento in cui m'è venuta;
c) ho raddoppiato le dosi perchè vivo in una famiglia di golosi impenitenti, in cui qualsiasi dolciume dura giusto il tempo di vederlo.
E ora...
E quando LaVoglia chiama, LaGiuditta risponde.
Il mese scorso - lo sanno tutti che agosto è un ottimo mese per accendere il forno e strafogarsi di cioccolato e burro - ho provato a farli seguendo la ricetta di Joy of Baking. Sono venuti buonissimi e bellissimi. Non per merito mio, è che seguendo la videoricetta ho evitato momenti di panico e corbellerie varie.
A questo giro ho invece deciso di seguire la ricetta di Un'americana in cucina. Un blog che è un'ispirazione assoluta, io ve lo dico.
Di seguito vi riporto la ricetta, che ho seguito pedissequamente. In corsivo le mie impressioni praticamente minuto per minuto.
Qualche chiarimento:
a) tutto quello che succederà d'ora in poi è colpa mia, e solo colpa mia; la ricetta è praticamente perfetta e solo chi è impedito quanto me può avere dei dubbi;
b) sono impedita per cause esterne a me. Se faccio dei crostini, EvvaiCosì crea dei canapè caldi e freddi con decorazioni 3D; se faccio un pan di spagna, EvvaiCosì tira fuori una torta a tre piani con decorazioni in fondente e fiori in gum paste; se mi faccio un panino EvvaiCosì allestisce una parata di sandwiches degni dell'afternoon tea della regina d'Inghilterra. Capite bene che con questa concorrenza la voglia di spignattare m'è passata più o meno nel momento in cui m'è venuta;
c) ho raddoppiato le dosi perchè vivo in una famiglia di golosi impenitenti, in cui qualsiasi dolciume dura giusto il tempo di vederlo.
E ora...
I BLOBLIES
Cosa serve: (in ordine di apparizione):
- un forno;
- una teglia 20x20 (io due 21x31 in alluminio usa e getta, perchè il mio parco teglie fa piangere e al supermercato di cui sotto avevano solo queste);
- un pentolino con l'acqua (n.b.: su questo pentolino andrà poi posizionata la ciotola/insalatiera di cui sotto per sciogliere un po' di roba a bagnomaria, quindi deve avere una misura apposita);
- una bilancia;
- una ciotola/insalatiera in vetro;
- una frusta o meglio ancora una spatola; se siete come me, va bene pure un mestolo in legno.
Ingredienti:
- 150 gr. di burro (io 300 gr., e fatevelo dire, 300 gr. di burro sono una quantità inimmaginabile di burro. Si tratta di burro, nel caso vi fosse sfuggito.)
- 250 gr. di zucchero (io 500 gr.; assaggiando però mi parevano non abbastanza dolci, quindi ce n'ho aggiunta un'altra sventagliata in corso d'opera, e no, non voglio commentare.)
- 75 gr. di cacao amaro in polvere (io 150 gr., e a questo punto ci sta una rivelazione: al supermercato vicino al PaeselloBucolico il cacao amaro costa quasi il doppio del cacao in polvere zuccherato. Non so se sia così ovunque, ma io la prossima volta comprerò quello zuccherato e diminuirò la dose di zucchero. Forse.)
- 1/4 di cucchiaino di sale (io mezzo cucchiaino, ma sinceramente ho solo preso un pizzicotto di sale e l'ho sparso sul resto con fare professionale)
- 2 uova (io 4, ma le galline della suocera di FS sono particolarmente produttive e saranno fiere di avere i loro 2 minuti di celebrità su questo blog)
- 60 gr. di farina (io 120 gr., ma non ho niente da commentare)
Cosa fare e cosa succede:
Riscaldare il forno a 180 gradi (bene. Io l'ho fatto proprio in questo momento, e non è che ho riscaldato il forno. L'ho proprio surriscaldato.).
Imburrare le teglie (e soprassederò sulle mani che colano burro che mi perseguitano ancora).
Mettere un po' d'acqua del rubinetto nel pentolino e far scaldare.
Pesare tutti gli ingredienti (perchè farlo dopo, con il blob che blobba, può essere difficoltoso) e sistemarli sul tavolo (per lo stesso motivo di prima).
Tagliare il burro a quadratini (un po' perchè fa chic, un po' perchè così si scioglie prima), e metterlo nella ciotola con il cacao, lo zucchero e il sale.
Sistemare la ciotola sul pentolino con l'acqua (che a questo punto dovrebbe essere lì lì per bollire) e prepararsi al massacro alla creazione del blob.
Mescolare con fiducia e determinazione fino ad ottenere un composto omogeneo (allora. Prima o poi avrete un composto omogeneo, perchè se l'ho avuto io potete averlo anche voi. Nel frattempo, però, passerete attraverso queste fasi: 1) non si scioglie niente ma l'acqua schizza dalle fessure lasciate dalla ciotola; 2) sconforto; 3) non si scioglie niente ma s'è ammappazzato tutto; 4) non si scioglie niente ma il blob inizia a produrre strani rumori; 5) non riuscite più a mescolare perchè s'è ammappazzato troppo; 6) sconforto; 7) qualcosa inizia a sciogliersi; 8) il blob continua a rumoreggiare ma finalmente riuscite a mescolare; 9) a forza di mescolare e di maledire il blob ottenete un composto omogeneo.).
Togliere dal fuoco e lasciar raffreddare leggermente (leggermente significa proprio leggermente, perchè il blob vi ama, anche se non si direbbe, e più si raffredda più si appiccica, e davvero, avere il blob appiccicato addosso, sulla ciotola, sul mestolo, sul tavolo, sulla pagina della ricetta, non è consigliabile).
Incorporare le uova, una alla volta, amalgamandone perfettamente una prima di passare alla successiva (col primo uovo è filato tutto liscio, tranne che non riuscivo a rompere il tuorlo, ma alla fine l'ho placcato e massacrato con la personalità serial killer che non sapevo di avere; col secondo uovo il blob ha inizio a smolecolarizzarsi, e quando alla fine l'ho ricondotto alla ragione, con una trattativa degna dell'ONU, ho notato che era vagamente più vischioso di prima; col terzo uovo il blob ha iniziato a blobbare, ad agitarsi, a borbottare, senza contare che si stava smolecolarizzando sempre più; il timor panico ha preso il sopravvento e già mi ero immaginata inglobata nel blob a vivere la mia vita blobbizzando; col quarto uovo il blob ha smesso di botto di fare tutto quello che faceva prima, ed ha assunto una lucentezza vista prima solo nella pubblicità della Pantene, una consistenza ottimale ed era buonissimo, soprattutto dopo aver aggiunto la sventagliata di zucchero in sovrappiù.).
A questo punto aggiungere la farina e mescolare vigorosamente per un paio di minuti (dunque, io la farina l'ho aggiunta in tre volte perchè, completamente impanicata, temevo che il blob riprendesse a blobbare e non ce l'avrei fatta a domarlo un'altra volta. In questo modo invece è filato tutto liscio e il blob non s'è lamentato per niente.).
Versare il composto nella teglia (io nellE tegliE, ma uno zinzino di composto è finito pure sul tavolo. E un po' sulla maglietta. E un altro po' sulla testa di Spocchiosetta e Gadollo, che stavano lì nella speranza che qualcosa di commestibile gli finisse in bocca. Beh, l'ho quasi accontentati, basta migliorare la mira per la prossima volta.).
Infornare e cuocere a 180 gradi per 20 - 25 minuti (a me, che avevo surriscaldato il forno, sono bastati 15 minuti), tenendo presente che facendo la prova stecchino questo deve uscire ancora un po' umido e con qualche briciola attaccata.
Far raffreddare e solo quando sono freddi tagliare a quadrotti (figuriamoci se aspettavo tutto 'sto tempo. Li ho fatti raffreddare un po', poi li ho tagliati e ovviamente assaggiati. Effettivamente hanno corso il rischio di spezzarsi e trasformarsi in un puzzle, perchè erano troppo morbidi, ma è bastata un po' di accortezza).
A dispetto dello pseudo-dramma della preparazione, dovuto più al mio cedere facilmente al panico che al blob in sè per sè, i brownies/bloblies sono venuti ottimi. Anzi, più che ottimi. Anzi, ancora meglio. Cioccolatosi, dolci ma non stucchevoli e di una consistenza fondente che crea dipendenza. Insomma, io preferisco questi agli altri.
E ora scusate, ma devo strafogarmi. Anche questo è disciplina, altroché.
07/09/13
Il primo amore non si scorda mai
Le borse sono state la mia prima passione.
La prima cosa che ho rubato dall'armadio di mia mamma.
Il primo acquisto che ho fatto con il primo stipendio.
Amo profondamente e con la stessa passione un sacco di altri accessori, e anche un sacco di altre cose che accessori non sono, ma le borse mi suscitano sempre un brivido di nonsoche. Che siano semplici shopper di tela, famose icone di famose firme, borse comprate in spiaggia, al mercato, all'outlet, in negozio, basta che siano grandi e/o capienti come insegna Mary Poppins, quel brivido di nonsoche non manca mai, più fedele di qualsiasi uomo o cane abbia mai conosciuto.
Quindi.
Essendo i chiar di luna quel che sono, ecco qualche proposta low cost per stuzzicare il mio brivido.
Pimkie:
Bershka:
Stradivarius:
H&M:
...e se l'e-shop di legami non mi avesse abbandonato, non sarebbe finita qui...
La prima cosa che ho rubato dall'armadio di mia mamma.
Il primo acquisto che ho fatto con il primo stipendio.
Amo profondamente e con la stessa passione un sacco di altri accessori, e anche un sacco di altre cose che accessori non sono, ma le borse mi suscitano sempre un brivido di nonsoche. Che siano semplici shopper di tela, famose icone di famose firme, borse comprate in spiaggia, al mercato, all'outlet, in negozio, basta che siano grandi e/o capienti come insegna Mary Poppins, quel brivido di nonsoche non manca mai, più fedele di qualsiasi uomo o cane abbia mai conosciuto.
Quindi.
Essendo i chiar di luna quel che sono, ecco qualche proposta low cost per stuzzicare il mio brivido.
Pimkie:
Bershka:
Stradivarius:
H&M:
...e se l'e-shop di legami non mi avesse abbandonato, non sarebbe finita qui...
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